Hai mai osservato un campione di ginnastica artistica? Volteggia nell’aria sfidando la legge di gravità con una leggerezza che suscita ammirazione e stupore.
Alcuni sono perfino in grado di svolgere acrobazie pericolose o dolorose senza nemmeno mostrare sofferenza sul proprio volto. È come se questi esercizi facessero parte della loro vita quotidiana, come camminare o sedersi.
Questi atleti sono in una dimensione di totale coinvolgimento, in quello che Daniel Goleman chiama “Flusso”. Il flusso è paragonabile ad una corrente di un fiume. Una persona che cade in quel torrente cercherà di mettersi in salvo. Ma ci sono diversi modi per farlo. Qualcuno potrebbe tentare di contrastare la corrente con sforzo a affanno, altri potrebbero andare nel panico agitandosi e nuotando in modo nevrotico per non farsi inghiottire dal turbine delle acque. In questi casi è la paura, l’angoscia e l’ansia che tengono in ostaggio la razionalità lasciando che siano le emozioni a governare le azioni.
Ma esiste non altro tipo di reazione: un nuotatore esperto potrebbe optare per una soluzione differente, come quella di servirsi della corrente del fiume, sfruttando l’andirivieni di flutti per uscire dalla morsa del moto ondoso. In altre parole, potrebbe entrare nel flusso dell’evento che ha le sue leggi e le sue richieste, così da non essere soprafatto e ottenere il massimo risultato da quella circostanza. È ciò che accade agli atleti che eseguono prodezze: essi s’immergono nel loro compito al punto da dimenticare chi guarda, chi giudica, i pericoli o i limiti della circostanza in cui si trovano.
Osserva l’oratore esperto sicuro di sé: non abbisogna di alcuna traccia scritta per insegnare la sua materia, guarda il pubblico, interagisce con determinazione e scioltezza. L’inesperto arrossirebbe, sarebbe impacciato e necessiterebbe di un elaborato per non perdersi o farsi trangugiare dal timore. Il primo è nel flusso, (cioè nella dinamica, nell’evento), il secondo è immerso nelle proprie emozioni di disagio e insicurezza.
Ma a fare la differenza non è il grado di competenza. Ci sono molti esperti che hanno il cuore in gola quando eseguono ciò in cui eccellono. Un musicista consumato potrebbe avere la tremarella di fronte al pubblico, un atleta potrebbe provare il timore del fallimento e un oratore navigato avere la bocca secca e le mani sudate per paura del giudizio. In questi casi anche se l’esito risulterà positivo agli occhi degli astanti, il performer avrà vissuto l’esperienza con tensione e con la percezione di non aver sfiorato il massimo delle sue capacità. Ma se si entra nel flusso, se ci si abbandona cuore e mente all’azione richiesta, allora è come sentirsi a casa, come pesci nel fiume e uccelli in volo. Tutto scorre, ogni movimento avviene con semplicità e naturalità.
Il flusso è la massima espressione di intelligenza emotiva.
Cos’è l’intelligenza emotiva? È la capacità di veicolare le proprie emozioni, governare le tensioni, estinguere le paure per lasciare spazio all’intuizione, l’empatia, la visione d’insieme e all’azione più appropriata. Entrare nel flusso significa abbandonare rigidità e schemi preordinati, vuol dire rimanere in una condizione di percezione consapevole di se stessi e della circostanza in cui si è inseriti. Ecco cosa succede a quell’atleta che si libra nell’aria come una libellula e senza margini di errori.
Ma non si fraintenda. L’intelligenza emotiva non è il prodotto di particolari doti generate dall’esperienza. Certo, l’essere esperti in una materia può favorire la sicurezza e attenuare l’ansia da prestazione. Ma questo è un miglioramento involontario che non deriva dall’accentuazione di una capacità di controllo. Si può parlare di sviluppo dell’intelligenza emotiva quando l’individuo accede ad uno stadio di benessere e di presenza interiore attraverso delle azioni intenzionali volte al cambiamento della situazione. La tensione, lo stress e la paura, a guardare bene, sono dei prodotti di un rifiuto interiore: rifiuto di un oggetto, di una situazione, di in giudizio, di stare male, eccetera. Quando respingiamo qualcosa cominciamo a perdere quella flessibilità e agilità indispensabili al raggiungimento dell’eccellenza. Il corpo s’irrigidisce, i sensi cominciano a selezionare i fatti in modo anomalo, l’attenzione così come le facoltà cognitive si restringono, si diventa goffi e incapaci. Solo un atto di abbandono, di accettazione delle proprie capacità, della propria perizia in merito al compito da superare nonché l’accoglimento della sfida può favorire la nostra possibilità di entrare nel flusso.
Ogni evento contrario alle nostre abitudini minaccia le nostre certezze. Così, innalziamo un muro che ostacoli ciò che temiamo e bandiamo dalla coscienza qualunque stimolo opposto. E per non correre pericoli di ripensamento cerchiamo di produrre tutte le giustificazioni possibili per dare credito alla nostra scelta di cacciare il nuovo e tenere i propri limiti.
Considera ciò che accade in una normale festa privata in cui certuni si mettono a ballare e altri stanno in disparte dicendo di non amare il ballo o di non essere capaci. Ma la realtà è che dietro a questo “no”, c’è un rifiuto, la paura di essere giudicati, la paura di fare brutte figure, e così non ci si abbandona alle sfide della vita. Si resiste e si tenta di mantenere integri i propri limiti.
La stessa cosa accade in molti campi: toccare un ragno, abbracciare i genitori, recitare, cantare, mettersi in costume, giocare come bambini e cos’ via. Ognuno può trovare l’evento che respinge fermamente. Magari si recuperano esperienze passate “traumatiche” o vincolanti” che attestano l’impossibilità di fare questa nuova esperienza: “I miei genitori non mi hanno mai abbracciato e non credo che gradirebbero il mio abbraccio!”.
E mentre si resiste al cambiamento accampando ogni genere di giustificazioni, non si entra nel flusso e l’esistenza s’impoverisce un po’ di più.
La realtà è che ognuno può rinunciare ai propri dogmi precostituiti e pregiudizievoli. Ognuno può decidere di tuffarsi nelle temute esperienze. Per fare questo è necessario etichettare con meno severità se stessi e i fatti che ci circondano.
Noi non siamo il risultato delle esperienze fatte nel passato, ma delle esperienze che ci concediamo di introdurre nel presente e nel futuro.
La vita è piena di prove, di esami e di confronti col prossimo. Saper entrare nel flusso significa poter fare ogni cosa con cuore sereno, accedere ad ogni esperienza allontanando emozioni corrosive come la paura, la rabbia, lo stress, il rancore e così via. Significa introdurre volontariamente emozioni come la gioia, il coraggio, la determinazione, l’amore.
Naturalmente, se è vero che per entrare nel flusso è indispensabile dare il proprio consenso interiore a sperimentare ciò che la vita propone senza indietreggiare o esitare, è altrettanto vero che potrebbe essere necessario conoscere quelle strategie che favoriscono lo sviluppo dell’intelligenza emotiva. L’intelligenza emotiva è una facoltà che dipende sia dalla volontà che dal grado di consapevolezza. In tal senso, se si vuole fare una camminata in montagna per raggiungere una baita distante quattro ore, è bene accettare sin dall’inizio l’impegno (la volontà), ma è utile conoscere in anticipo il percorso per non trovarsi smarriti nella foresta a metà strada (consapevolezza).
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Articolo a cura di Florian Cortese