Un recente esperimento del neuroscienziato Mael Lebreton e coll dell’Università Pierre e Marie Curie di Parigi, riportato nel mensile Brain Trainer di luglio 2012, ha mostrato che quello che gli altri anelano e scelgono finisce per diventare oggetto di desiderio personale. L’esperimento si è svolto in questo modo: ad un campione di persone fra i 20 e i 39 anni è stato presentato un filmato dove degli individui sceglievano fra diverse alternative di giocattoli, arnesi, cibi, ecc. quindi veniva richiesto ai partecipanti di esprimere la loro preferenza per questi articoli. Dai risultati emerge che i partecipanti furono influenzati dalle scelte altrui, cominciando a desiderare quello che gli altri avevano preferito. D’altra parte, questa inclinazione a volere ciò che l’altro sceglie è presente sin dall’infanzia dove i bambini cominciano a reclamare il giocattolo dell’altro pur avendo a disposizione alternative altrettanto stuzzicanti.
Questo spiegherebbe ulteriormente l’efficacia della pubblicità. Il bisogno del telespettatore verrebbe generato a partire dalla desiderabilità di una moltitudine, così un nuovo modello di telefonino può accaparrarsi il gradimento della gente perché viene mostrato come un prodotto di consumo socialmente già diffuso. Un altro esperimento svolta da Sam K. Hui in coll con l’Università di Pennsylvania ha dimostrato che le persone sono attirate dai negozi più affollati allo stesso modo in cui siamo attratti da un genere di abbigliamento di moda. Ma la moda non è altro che uno stile che si ritiene adatto alla gente in un certo momento. La conclusione dell’articolo rimandava al fatto che il nostro cervello è conformista spingendoci a seguire il gregge.
Ovviamente questo non coincide col dire che l’individuo non ha la possibilità di seguire altre strade, piuttosto significa che siamo inclini ad attribuire molto valore alle scelte della maggioranza e che una preferenza contraria potrebbe non trovare l’approvazione altrui. Quindi cerchiamo di essere accolti dal gregge in modo di farne parte o comunque di non essere alienati. Questa tesi troverebbe conferma in un altro esperimento della Radboud University Nijmegen (Netherlands). Ciascun volontario doveva formulare un giudizio su una serie di volti presentati al pc e poi confrontare il suo parare con quello degli altri. quando qualcuno aveva un parere diverso dal resto
del gruppo si attivava il rostro del cingolato, un’area del cervello che si attiva quando stiamo per commettere o commettiamo degli errori di elaborazione.
Se ne conclude che tendiamo a seguire la via percorsa dalla maggioranza e finiamo poi per sperimentare gli stessi stati d’animo che ne derivano.
Non è dunque da meravigliarsi se vediamo una società piena di individui che condividono le medesime sindromi da stress, insoddisfazione, tensione nei rapporti interpersonali, insofferenza, rabbia, insaziabilità, abbattimento del morale e così via.
Forse, per riappropriarsi della propria capacità di scelta, potrebbe risultare utile fare uno sforzo consapevole verso ciò che arricchisce davvero l’essere umano e la nostra persona. In questo modo, molte scelte fallimentari scomparirebbero e saremmo un po’ meno schiavi delle coordinate preordinate da un sistema di pensiero impoverito.
Franz Grillparzer scrisse: le catene della schiavitù legano soltanto le mani: è la mente che fa libero l’uomo.