Il Monaco triste – (Racconto di Florian Cortese).
Un giorno il monaco Ogai, affetto da grande tristezza, entrò nella foresta dei bambù alla ricerca di Asakura, il venerabile maestro dei dieci passi. Dopo qualche ora di cammino ecco che intravide Asakura che stava ridacchiando assieme ad alcune persone, bevendo e cantando. Ogai rimase perplesso essendosi immaginato di trovare il maestro ritirato in meditazione o a dispensare saggezze a folle smarrite.
Ogai si avvicinò timidamente al gruppo cercando di attirare l’attenzione del maestro. Asakura, con un cenno della mano, invitò il monaco ad aggregarsi alla compagnia. E così fu. Il tempo passò placidamente mentre Ogai sperimentava disagio in quella allegra compagnia immersa in risate, gesti affettuosi, battute e una palpabile complicità. Il monaco si sforzava a sorridere, mostrava affabilità e rispondeva gentilmente quando gli si rivolgeva la parola. Ma non riusciva a fare di più: lui era affranto e il clima gioioso alimentava il senso di malessere.
Dopo circa un’ora si appartarono e Asakura chiese: “Cosa ti porta qui Ogai?”
“Sono triste, molto triste”.
“Davvero?” Rispose incredulo.
Lo stupore si disegnò sul volto del monaco. “ Certo…” confermò titubante.
“E cosa vuoi da me?”
Ogai era sbalordito da questa mancanza di intuizione e del perché egli non si preoccupasse di chiedergli da dove mai provenisse la sua tristezza. Prosegui facendo finta di niente: “Vorrei non essere più così infelice”.
“Uhmm… già. Però c’è un problema. Io conosco la via per chi è veramente triste, al limite della disperazione. Per i casi lievi non so cosa fare”.
“ Ma io… sono disperato, sono mesi che sto male, forse anni”.
“ A guardarti non mi sembri così disperato?!”
Ogai inarcò le sopraciglia non capendo. “ In che senso maestro?”.
“Prima ti ho guardato mentre eri seduto tra la gente e riuscivi a sorridere e a rispondere con la testa alta”.
“Ma erano solo gesti di cortesia!”.
“ Sicuramente. Però indicano che non sei così affranto. Il disperato non sorride e non alza la testa”.
Il viso di Ogai si fece più mesto: “Quindi non mi aiuterai?”.
“Si, a condizione che diventerai più triste ancora. Allora ti mostrerò la via!”.
Ogai s’irrigidì di fronte ad una tale richiesta. “Più triste?… Ma… ma come faccio?”.
Asakura rimase impassibile: “ Devi fare bene ciò che stai facendo. Se vuoi essere disperato tutti devono comprendere che è così. Non devono fraintenderti e supporre che sei solo un po’ triste. Perciò devi mostrare la tua tristezza. Se ti trovi in compagnia non devi ridere né sorridere, quando cammini devi tenere la testa bassa, la tua voce deve essere sommessa, quando sei solo devi afferrare il tuo viso tra le mai o avvolgerti la testa china, il tuo sguardo sempre verso il basso, devi tenere le braccia conserte ogni volta che puoi e avere la schiena curva sotto il peso del tuo dolore, se qualcuno ti parla rispondi con voce indecisa e tremolante. Non raddrizzarti mai, non guardare dritto negli occhi, metti la mano davanti alla bocca quando parli; se ti chiedono aiuto devi dire che non hai la forza, se ti danno un compito devi rispondere che non sei capace, se t’invitano a qualche evento devi rifiutare per chiuderti nel tuo dolore da solo a casa tua”.
Asakura si fermò con aria severa.
Ogai aveva l’espressione attonita: “Davvero devo fare tutto questo?”
“Tutto senza alcuna eccezione. Altrimenti non potrò aiutarti”.
Ogai sospirò con aria disarmata. “ Va bene lo farò… e per quanto tempo?”.
“Finché la tua tristezza non sarà divenuta insopportabile. Un mese dovrebbe bastare”.
Ogai titubò… “E se non dovessi peggiorare?”.
“Allora dovrai cercare altrove la soluzione”.
Sei giorni dopo Ogai tornò da Asakura. Era disperato.
Il maestro disse sorridendo: “Non ti avevo detto tra un mese?”.
“Si, è vero, ma io non ce la faccio più. La mia vita è diventata un inferno, ora sto veramente male, sono sempre più triste e angosciato”.
“Chi ti sta vicino si è accorto che sei peggiorato?”.
“Si, tutti. Ora mi dicono che sono affetto da una malattia dello spirito”.
“Bene, allora hai svolto bene il compito che ti ho assegnato. Sono fiero di te. Ora dimmi Ogai, perché la tua tristezza è peggiorata da quando sei venuto da me?”.
“Per tutte quelle cose che dovevo fare, tenere il broncio, non sorridere, spalle curve e così via. È una vera tortura, ti fa stare peggio anche quando vorresti stare meglio”.
Quindi mi stai dicendo che la tua tristezza è peggiorata per semplici modificazioni posturali e comportamenti di chiusura?”.
Ogai tentennò. “ Beh… sembra proprio così, non vedo altre ragioni!”.
Asakura mostrò soddisfazione. “Lo sai perché mi chiamano il maestro dei dieci passi?”.
“No”.
“Perché dieci sono i passi necessari per il benessere. Tu ora hai fatto il primo, sei diventato consapevole di un fatto. Tu sai a quale mi riferisco, vero?”
“Che io mi sono creato la mia tristezza!?”.
“Esatto. Tu hai messo gli ingredienti affinché ciò che ti ha ferito nella vita potesse germogliare dentro di te. E così, hai fatto coincidere pensieri, comportamenti, posture ed espressioni per sentire appieno il dolore. Ora rifletti: se le spalle curve e la tua faccia contratta sono stati sufficienti per peggiorare rapidamente il tuo stato, non potrebbe essere che la messa in pratica del contrario possa ristabilirti? “.
“Il contrario?”.
“Certo, fare molti sorrisi, tenere la schiena dritta, dire di sì a chi ti chiede, avere un tono di voce ferma e allegra, braccia aperte e guardare negli occhi”.
“Anche se sto male?”.
“Soprattutto quando stai male!”
“Tutto qui?”.
“Ricorda la regola: fai bene quello che fai! Se ora vuoi mostrare gioia fai in modo che gli altri lo capiscano e non abbiano dubbi. Tutti devono notare che sei contento e per fare ciò mostrerai soltanto comportamenti impossibili da travisare”.
“Anche se sento dentro di me che non è vero?”.
“Perché? Quando ti ho chiesto di mostrare più dolore con azioni finte, era forse una realtà? Soffrivi già nella misura in cui dovevi dimostralo dopo? Oppure la tua sofferenza è diventata vera dopo avere messo in atto le azioni di chiusura?”.
“Dopo”.
“Così accadrà anche con la gioia. Non pensare a quello che senti ora. Preoccupati di fare bene il contrario”.
“Per quanto tempo?”.
“ Se tra un mese non avrà funzionato, torna da me”.
Ogai si ritirò da Asakura ringraziandolo per i suoi insegnamenti e cominciò subito a praticare l’arte del sorriso e della gioia.
Il tempo passò ed egli non tornò più da Asakura per la sua tristezza, ma per rallegrarsi assieme a quelli che avevano imparato la stessa arte. Ora doveva imparare gi altri nove passi.
Storia inventata da Florian Cortese
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